Edizione 2010 – Poesia Inedita

Primo classificato

Domenica MauriCostruire il romanzo

Una silloge di poesie intitolata come un trattato di narratologia crea un cortocircuito nella percezione media delle categorie letterarie, dove ciò che è genericamente poetico viene separato da ciò che è genericamente narrativo; si rimarrà all’interno di questa traccia, amplificandone la portata: un corrispettivo antonimico di Costruire il romanzo potrebbe essere Decostruire la poesia. Benedetto Croce definì la Divina Commedia ‘una fabbrica robusta e massiccia, sulla quale una rigogliosa vegetazione si arrampichi e stenda e s’orni di penduli rami e di festoni e di fiori’. Il ribaltamento di questa posizione viene espresso in Un percorso educativo che si rispetti, v. 7: Un percorso educativo che si rispetti | presenta un buon numero di barriere. | Divieti. Limiti. Qualche muretto a secco. | Una certa quantità di staccionate. | E siepi. | Boschetti cedui. | Anche grate camuffate da folti rampicanti; l’operazione complessiva si muove tra le pieghe del paradosso: non è possibile perseguire alcuna figurazione mimetica, dal momento che affermare che le grate sono camuffate equivale a negarne il camuffamento; ma se è vero che esse esprimono il senso del limite – e quindi il senso del fare poesia – , lo è altrettanto la loro funzione di impalcatura, di griglia in grado di esporre a vista lo sviluppo logico del discorso. Un elemento che conferma ulteriormente la matrice lirica della raccolta è la presenza sistematica del gioco retorico dell’ipotesi; il riferimento è alla costruzione ipotetica sulla quale si regge la poesia delle origini: si pensi all’amor de lonh provenzale, il desiderio amoroso tanto più perfetto quanto più lontano da chi ne scrive, che consente variazioni sul tema – Grumi. Grovigli. Viluppi. | Senza vie d’uscita. | Con vie d’uscita. – potenzialmente infiniti. In questo senso ciascun testo mette in atto un tentativo di approssimazione verso un oggetto che per definizione non può essere definito, pena la messa in discussione di quel processo immaginifico che regge l’organizzazione generale dell’opera. Argomentare che la madre | avrebbe voluto una vita diversa – in altri termini ricercare degli argomenti che possano giustificare un’asserzione, che nella fattispecie è nella forma condizionale – è la mise en abyme di un ragionamento che non potendo ottenere una sintesi definitiva opta per una sommatoria di punti di vista non gerarchizzati, dato che tutto si deve di nuovo | ricomporre.

Luca Rizzatello

 

Argomentare che la madre

Argomentare che la madre
avrebbe voluto una vita diversa.

In un altro posto – con un altro aspetto
altro portamento – altre parole
a defluire dal fumetto delle labbra.

Argomentare che la madre
avrebbe voluto essere più forte.
Determinata.
Se necessario in armi.
Armata fino ai denti.

Argomentare che la madre
avrebbe voluto rendere più forte
anche quella figlia.

Troppo pallida – troppo esangue
(forse) inerme.
Le parole certamente
sbagliate.

 

 

Secondo classificato ex aequo

Anna Elisa De Gregorio, Minute

Il titolo e il testo in apertura della silloge (‘Forse alle dita | è concessa memoria | e così alle parole | che tornano a scriversi | in una eterna minuta | mai finite‘) suggeriscono alcune riflessioni sul procedimento operativo dell’Autrice, puntualmente sviluppato nel corso della raccolta. Per definizione, una minuta è ‘la prima stesura, provvisoria e sommaria, di uno scritto, che sarà poi rivista, corretta e ampliata prima di essere redatta nella forma definitiva’. Ma l’atto della scrittura, e in particolare della scrittura letteraria, prevede correzioni, revisioni, stesure successive, in un processo di elaborazione che può non arrivare mai a essere definitivo, e che presenta una marcata analogia con l’atto di ricordare: sul piano della psicologia compositiva, ogni intervento legato al labor limae implica ed è implicato per un verso dalla coazione a ripetere e per l’altro dalla rimozione (La durata delle cose, ‘[…] Epoi degli oggetti | che nella conta del tempo | sembrano eterni: | la tua scrittura appuntata | sui libri, un fermacarte | di Murano, il gilet a punto croce. | le cose in una mano, | più di quelle che stanno | imprecise nella mente‘). La creazione di un Lettore ideale, in grado di determinare una stratificazione delle stesureparziali, è il rovescio della medaglia della proiezione del Sé; la tensione verso il testo conclusivo non è che la distanza tra la parti, parlare di sé stessi con una voce altrui. Inoltre la scrittura è un gesto, una estensione del corpo – si veda il campo semantico della mano – che soddisfa un bisogno di espressione che precede la comunicazione; la grafia di una persona ‘è il segno inequivocabile della sua individualità fisica’ (Stefano Ferrari, Scrittura come riparazione, Laterza, 2004), segno che ha la capacità di resistere nel tempo e al quale la memoria si può ancorare, riscritture permettendo (Il viaggio di nozze, ‘[…] A sorpresa dal taschino interno | è uscito un tubetto di cartone: | vuoi una caramella col buco? | È la prima che vedo, sostanza | smeraldina, un sapore esotico, | non la solita menta’).

Francesca Gironi

 

 

Il palio dell’Assunta

… quando la maestra Assunta, capelli castigati
sotto la retina, incerti sguardi fra un cerchio
e l’altro delle lenti, era il nostro Prometeo
con grembiule nero: tènere crete di parole,
una ci aspirata appena, e acqua gocciolante
da rubinetti e vasche impenetrabili, sempre
incognita la risposta finale al problema.
Lo scaldino fra le mani come un tiepido rosario,
vi saluto cocchine, diceva entrando la mattina.

Oggi è il sedici agosto, si corre il palio a Siena:
non so in quali terre sia la maestra Assunta
a riposare adesso, a lei dedico un palio
molto privato, un profumo sempre conservato
di spighette: non i prati azzurri dell’estate,
scie che s’imbucano nell’auto all’improvviso,
piuttosto le spighe segrete dell’infanzia,
sacchetti di grani fra il bianco degli armadi.

Vedete il pane nero che mangio durante l’intervallo
con voi e gli occhiali che mi fanno gli occhi piccoli…
È della mia malattia, oggi che vi voglio parlare.

 

 

Secondo classificato ex aequo

Giovanni Turra Zan, Le costrizioni

Per costrizione si intende uno stato di coercizione fisica o morale; quest’accezione, già di per sé negativa, aumenta esponenzialmente nella silloge dell’Autore, in quanto la distinzione tra dimensione fisica e morale viene tacitamente annullata e le costrizioni si caricano di questa forte ambivalenza, che caratterizza gran parte delle immagini proposte. La sintassi è sovente caratterizzata da inversioni che rafforzano il ritmo del verso (p.1, ‘ed è sospeso nell’attesa di salsa | in agrodolce, il pianto‘; p. 2, ‘Impressa a torchio, | sentirebbe ogni sillaba concava’). Per la medesima finalità ritmica l’Autore utilizza ripetizioni (p. 3, ‘fuga dagli affetti e i ricordi, i ricordi’) ed allitterazioni (p. 2, ‘Oh, se tutto ciò | abbondasse alle tasche nel giorno | del dissesto. Impressa […]’ ; p. 5, ‘a pennellare i neri nelle notti’). La versificazione ha un carattere franto, spezzato da frequenti enjambements: (p.1, ‘la carne | è lessata‘; p. 2, ‘come se vi spremesse il brutto male | della bile‘; p. 3, ‘L’obbligo di incollarsi ad ogni ferro | che preme il collo al basso‘). L’elemento naturale assume una connotazione ora asettica (p. 1, ‘la terra non è più casa | ma salto su di un piano vacuo, sul cemento‘), ora negativa ed allude ad uno stato profondamente deteriorato rimarcato da termini quali ciarpame, discarica, percolato, orificium. Le costrizioni hanno la meglio sull’uomo presentato nell’intera silloge come un essere senza possibilità di riscatto alcuno: (p. 1, ‘La famiglia sa d’assaggio piccante, | con gli stomaci come boccole | in catena, con i morti dispiegati | sul comò, a bucare il pianto, a farne | pietanza da servire al fuggitivo‘). Ha una suggestione negativa anche l’immagine dell’uomo che fu visto scaricare ceneri (p. 2) in una discarica, un uomo che non piange più lacrime ma percolato in una sorta di scontata ed inevitabile metamorfosi. Non sembra esserci possibilità di redenzione nemmeno in una dimensione spirituale e l’elemento divino, salvifico, è rappresentato come un dio al guinzaglio (p. 2). L’area semantica della costrizione sembra allargarsi a macchia d’olio, connotando in modo marcato l’intera silloge: al termine costrizione si allineano le espressioni impressa a torchio, come un laccio del sesso, torto mai espiato, obbligo di incollarsi ad ogni ferro, farne coperte per una detenzione.

Valentina Merlini

 

*

Nella prima costrizione la carne
è lessata e ogni punta d’astio fissa
al chiodo, senza sopravvenienza;
ed e sospeso nell’attesa di salsa
in agrodolce, il pianto.
Anche un’anoressica plagia
il controllo e serve d’oro
sul vassoio il canto.

Nella seconda vi è un volo con trillo
di luce, l’essere di un altro l’oggetto
tra gli oggetti lustri e ribelli,
presi con forza e da questa nettati.
Lasciando al cielo sordo il manto
ecco che la terra non è più casa
ma salto su di un piano vacuo, sul cemento
dove ha termine la corsa al vanto.

Nella terza costrizione l’incerto è prono,
il piatto sfatto più di un letto, e non si sa
al tavolo quale legno sia fratello.
La famiglia sa d’assaggio piccante,
con gli stomaci come boccole
in catena, con i morti dispiegati
sul comò, a bucare il pianto, a farne
pietanza da servire al fuggitivo.

 

 

Terzo classificato

Angela AmbrosiniControcanto

Controcanto di Angela Ambrosini, si ispira a uno degli istituti più antichi e fondanti di quanto intendiamo con il termine ‘poesia lirica’: cioè l’istituto dell’imitatio. Non esiste schema sintattico né parola, tra questi versi, che non sia stato, almeno una volta, consacrato dall’appartenenza alla grande Tradizione del Novecento poetico italiano, da d’Annunzio ai Postermetici. Soprattutto si avverte, in Controcanto, la lezione di Montale, mediata da presenze dell’Ungaretti del Sentimento, di Luzi e di Quasimodo, del primo Sereni e del primo Caproni. La Giuria di questo premio riconosce, in questa silloge, un esercizio formale ben riuscito.

Francesco Carbognin

 

Chiaroscuro

Madre del dubbio,
sorella in solitudine,
viandante che a passo
regolare ogni alba fugge
e, demone vigile,
a morsi d’ombra infagotta
pensieri a lastricare illusioni.
Notte: figlia ti sono nel vuoto
violetto del brivido a sera
quando inesplosa ancora
la tua rabbia buia s’attarda
e balugina lumi e memorie,
gesti e intenzioni
per rovesciare cupola d’astri
in antri di sogni.
Notte. Se ne andrà di nuovo
la tua quiete cupa a ghermire
altri cieli e il pendolo insonne
che di prostrata vita scandisce
i cuori, pungerà adagio
le palpebre al tempo
che definiva coltre prepara.
E luce sarà dentro la notte.

 

 

Premio Speciale Under 30

Alfonso Maria Petrosino, Silloge senza titolo

 

 

Esercizio di mnemotecnica

Nei miei personalissimi deliri
ascoltando il fruscio di un giradischi
mi aspetto che resusciti uno spirito
– ed è più facile se al suono mischi

un dito, meglio l’indice, di whisky.
Sentirsi giù di tono e su di giri
è solo uno e non dei più gravi rischi:
quando mi appare quella i cui respiri

l’Incompiuta completano di Schubert,
mi scordo dove sono, e quando, e chi;
cala la luce nella stanza, affranta

dal passaggio improvviso di una nube,
mentre s’incan s’incan s’incan s’incanta
il disco ed è incantevole così.